Come creare un soggiorno in stile industriale

Come creare un soggiorno in stile industriale

Sempre più spesso vediamo su riviste di arredamento e di design di interni ambienti realizzati in stile industriale, caratterzzati da materiali lasciati “grezzi”, superfici materiche e colori della gamma cromatica del grigio e del nero. Lo stile industriale nasce in America a seguito del recupero di vecchi capannoni che, suddivisi in varie unità abitative hanno dato vita ad ambienti unici, i loft, in cui gli arredi si sono inseriti nelle preesistenze: mattoni e tubazioni a vista sono gli elementi distintivi.

Vediamo alcuni consigli per progettare la zona giorno in stile industrial, analizzando i materiali, i colori e l’illuminazione.

Materiali per il soggiorno in stile industriale. La parola d’ordine è: materico!

In fase di ristrutturazione è necessario progettare l’ambiente nell’insieme, definendo tutti i materiali e gli arredi che andranno a creare il nostro soggiorno in stile industriale. Nella scelta dei pavimenti ci si può orientare su tre tipologie:

Piastrelle in gres porcellanato dalla finitura materica : dall’effetto cemento all’effetto corten la scelta può spaziare tra varie proposte di finiture dal sapore industriale. Il gres porcellanato è infatti una ceramica a pasta dura e compatta che permette di ottenere diverse texture di finitura, tra cui per esempio un effetto cemento, adatto alla realizzazione di un pavimento dall’estetica urban. Se si vuole ottenere un risultato più uniforme si consiglia di orientarsi su una piastrella rettificata (i bordi tagliati a 90° e non stondati), che permette di ridurre la dimensione della fuga a qualche millimetro, donando continuità alla superficie.

: dall’effetto cemento all’effetto corten la scelta può spaziare tra varie proposte di finiture dal sapore industriale. Il gres porcellanato è infatti una ceramica a pasta dura e compatta che permette di ottenere diverse texture di finitura, tra cui per esempio un effetto cemento, adatto alla realizzazione di un pavimento dall’estetica urban. Se si vuole ottenere un risultato più uniforme si consiglia di orientarsi su una piastrella rettificata (i bordi tagliati a 90° e non stondati), che permette di ridurre la dimensione della fuga a qualche millimetro, donando continuità alla superficie. Resina: la stesura di resina dai toni neutri o con colori appartenenti alla gamma cromatica del grigio risulta una soluzione perfetta per donare al nostro soggiorno uno stile industriale. La resina è ottima per rendere il pavimento neutro (è infatti privo di fughe e di cambiamenti di colore o texture), e per porre quindi l’attenzione su arredi e complementi.

la stesura di resina dai toni neutri o con colori appartenenti alla gamma cromatica del grigio risulta una soluzione perfetta per donare al nostro soggiorno uno stile industriale. La resina è ottima per rendere il pavimento neutro (è infatti privo di fughe e di cambiamenti di colore o texture), e per porre quindi l’attenzione su arredi e complementi. Doghe in legno: dall’aspetto decisamente più naturale, caldo e “grezzo” rispetto ad una piastrella in gres o alla resina, risulta un’ottima alternativa per donare un aspetto industriale alla propria casa. Le doghe possono essere realizzate in varie tipologie di legno, solitamente larice, abete o rovere. Il legno può inoltre essere lasciato nella sua colorazione naturale, oppure può essere tinto per dare un tono e rientrare nella gamma cromatica di tutto l’ambiente.

Colori: quanto più industriali possibile..

Bianco, grigio e nero la fanno da padroni, ma possono essere accompagnati da un colore a contrasto. Per quanto concerne i colori è necessario analizzare tutto ciò che definisce il nostro soggiorno in stile industriale: per ottenere un effetto esteticamente gradevole si consiglia di creare una sorta di scala gerarchica degli elementi, distinguendo così a priori gli elementi che devono diventare “protagonisti” da quelli che devono fungere da sfondo.

Pareti : insieme al pavimento costituiscono l’involucro dell’ambiente e, come anticipato, bisogna decidere in fase di progettazione che importanza devono avere. bianco caldo e toni chiari del grigio: colori da utilizzare nel caso in cui la parete deve fare da sfondo all’arredo o agli elementi architettonici (quali una scala in ferro o la struttura a vista in ferro di un soppalco); grigio scuro, effetto cassero, carta da parati: se la parete diventa protagonista, enfatizzata dalla giusta illuminazione.

: insieme al pavimento costituiscono l’involucro dell’ambiente e, come anticipato, bisogna decidere in fase di progettazione che importanza devono avere. Arredi : in fase progettuale si devono definire gli elementi di spicco: si consiglia di lasciare l’involucro “neutro” (ad esclusione di pareti collocate in posizioni particolari come ad esempio le pareti dei corridoi) per poter giocare con gli arredi: Divani con rivestimento sui toni del grigio o del nero, e perchè no.. magari sdrammatizzati da qualche accessorio in contrasto (un cuscino, un pouf o una poltroncina di un colore); Tavolo con struttura in acciaio verniciato e piano in legno; Sedie e/o sgabelli in metallo: anche in questo caso si puo’ scegliere una verniciatura che riprenda le tonalità del grigio, oppure si può sdrammatizzare con un colore (rosso, giallo, blu..)

: in fase progettuale si devono definire gli elementi di spicco: si consiglia di lasciare l’involucro “neutro” (ad esclusione di pareti collocate in posizioni particolari come ad esempio le pareti dei corridoi) per poter giocare con gli arredi:

Anche l’illuminazione dovrà essere…industriale!

Se pensiamo ad un loft in stile industriale, la prima immagine che ci viene in mente è un ambiente in cui le tubazioni e le canaline elettriche sono a vista. Nella progettazione della nostra zona giorno in stile industriale, la scelta dell’illuminazione diventa fondamentale e se definita con accuratezza può aiutarci a ricreare soffitti e pareti in cui i cavi di alimentazione rimangono appositamente a vista entrando a far parte dell’arredo.

Vediamo alcune idee per illuminare in stile industriale:

Luci a sospensione : diamo spazio a luci a sospensione alimentate da cavi (solitamente rivestiti in tessuto cordato) lasciati a vista. Orientiamo la scelta del corpo illuminante verso il tondino o il bulbo di lampadina: l’effetto industrial è assicurato. Corpi illuminanti di questo tipo creano un’illuminazione di tipo puntuale, adatta ad illuminare un tavolo, un bancone di una cucina ad isola, o a porre l’attenzione su un tavolino.

: diamo spazio a luci a sospensione alimentate da cavi (solitamente rivestiti in tessuto cordato) lasciati a vista. Orientiamo la scelta del corpo illuminante verso il tondino o il bulbo di lampadina: l’effetto industrial è assicurato. Corpi illuminanti di questo tipo creano un’illuminazione di tipo puntuale, adatta ad illuminare un tavolo, un bancone di una cucina ad isola, o a porre l’attenzione su un tavolino. Faretti su binario : se la scelta ricade su dei faretti (orientabilio o meno) su binario, lo stile industriale è assicurato. Ottimi per illuminare un tavolo da pranzo, o una parete libreria.

: se la scelta ricade su dei faretti (orientabilio o meno) su binario, lo stile industriale è assicurato. Ottimi per illuminare un tavolo da pranzo, o una parete libreria. Luci a parete: che siano alimentati da cavi treccia lasciati a vista o che siano realizzati con un corpo in ferro dal design minimalista, i corpi illuminanti a parete sono l’ideale per portare l’attenzione su alcuni dettagli del nostro soggiorno in stile industrial.

Torino, Marzo 2017

Arch. Eleonora Vottero

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Il marchio Divani & Divani alla prova di forza

Lo scorso 2 febbraio 2015 la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 1861 è tornata a parlare di secondary meaning, che, come è noto, consente ad un marchio descrittivo – la cui validità sarebbe esclusa per difetto di capacità distintiva ex art. 13, co. 1 , D.Lgs. n. 30 del 2005 – di diventare valido quando per effetto del suo uso sul mercato acquista una propria distintività. E ciò in quanto il predetto uso consente al marchio descrittivo di aggiungere al significato generico descrittivo) del prodotto e/o del servizio che con esso viene contraddistinto un secondo significato di identificazione dei beni e dei servizi dell’impresa.

Ripercorriamo brevemente i fatti di causa di cui è stata investita la Suprema Corte.

La nota società italiana Natuzzi, produttrice di divani e poltrone, titolare del marchio nazionale e comunitario “Divani & Divani” famoso a livello internazionale, conveniva in giudizio la società Divini & Divani, operante nello stesso settore merceologico, affinché il Tribunale adito (nella specie il Tribunale di Bari) inibisse, tra l’altro, a quest’ultima l’uso del marchio omonimo, lamentandone la confondibilità con il proprio.

La domanda della società Natuzzi veniva accolta in primo grado e successivamente rigettata dalla Corte di Appello di Bari. In particolare la Corte territoriale riteneva che i) il marchio “Divani & Divani” fosse un marchio debole in quanto costituito da una parola di uso comune; ii) la ripetizione della parola “Divani” intervallata dalla “e” commerciale non potesse costituire requisito di originalità; iii) la diffusione commerciale e pubblicitaria del marchio “Divani & Divani non potesse trasformare quest’ultimo da debole a forte e pertanto meritevole della tutela più rigorosa riservata al marchio forte.

Chiamata a pronunciarsi sulla questione, la Corte di Cassazione ha riesaminato la decisione impugnata, ribaltandola completamente con conclusioni che meritano alcune riflessioni.

In particolare, la Suprema Corte afferma che anche un marchio debole è meritevole di tutela qualora un marchio registrato successivamente presenti delle varianti meramente formali, non idonee ad escludere il rischio di confusione con l’aspetto caratterizzante del marchio registrato precedentemente.

Nel caso di specie, “Divini & Divani”, a parere dei giudici di legittimità, di certo non può considerarsi un marchio costituito da elementi sufficientemente idonei ad escludere la confondibilità con il noto marchio “Divani & Divani”. E ciò sia a livello fonetico che visivo.

Ed infatti, sempre a parere della Suprema Corte, i giudici di merito hanno errato proprio perché hanno omesso di esaminare nel complesso gli elementi più importanti dei due marchi, negando la tutela al marchio “Divani & Divani” per il solo fatto che trattandosi di marchio debole, sarebbe stata necessaria ai fini della sua tutela dalla contraffazione, un’imitazione integrale (e non parziale) da parte della società Divini & Divani.

La contestazione della Suprema Corte in punto è condivisibile per quanto già detto ed in considerazione del fatto che ormai è un principio consolidato quello secondo cui l’imitazione di un marchio debole è consentita purché il marchio successivamente registrato si contraddistingua dal precedente con elementi che, seppur minimi, siano sufficienti a differenziarlo ed a evitare il rischio di confondibilità (ex multis Cass. Civile 3 dicembre 2012, n. 21601).

I giudici di legittimità, inoltre, evidenziano che la Corte territoriale ha escluso la possibilità per un marchio originariamente debole di divenire forte ad opera della sua diffusione commerciale e pubblicitaria. Un’esclusione che a parere della Suprema Corte è in contrasto con il fenomeno da tempo riconosciuto del secondary meaning. In particolare i giudici di legittimità affermano che “tale fenomeno elaborato ai fini della c.d. riabilitazione o convalidazione del segno originariamente privo di capacità distintiva, giacché mancante di originalità ovvero generico o descrittivo e che, tuttavia, finisce con il riceverla dall’uso che ne viene fatto nel mercato […], è stato utilizzato per cogliere ogni evoluzione della capacità distintiva, cioé anche come rafforzamento della capacità distintiva del marchio in origine debole (ma non nullo) che divenga successivamente forte attraverso la diffusione, la propaganda e la pubblicità […]”

In punto appare molto interessante il ragionamento seguito dalla Suprema Corte che ha riconosciuto il secondary meaning rilevante da un lato i) ai fini dell’acquisto della capacità distintiva da parte di un marchio originariamente sprovvisto e quindi nullo, dall’altro ii) ai fini del rafforzamento della capacità distintiva di un marchio originariamente debole (ma non nullo) che per effetto della diffusione commerciale e pubblicitaria da parte della società titolare del marchio stesso e dalla conseguente penetrazione dello stesso sul mercato di riferimento si trasforma in un marchio forte e quindi meritevole di una tutela rafforzata.

In sostanza il secondary meaninig dà luogo i) nel primo caso ad una sorta di convalidazione del marchio originariamente privo di capacità distintiva dovuta all’uso del marchio stesso sul mercato e ii) nel secondo caso alla equiparazione della tutela di un marchio originariamente forte a quella di un marchio in principio debole, ma che, è diventato forte per effetto della diffusione commerciale e pubblicitaria.

Ovviamente, anche se si parla di convalidazione, si tratterebbe, in ogni caso di un’ipotesi di convalidazione diversa da quella disciplinata dall’art. 28 D.Lgs. n. 30 del 2005. Ed infatti nel caso di cui all’art. 28 succitato si fa riferimento all’uso di un marchio posteriore registrato in buona fede, uguale o simile ad un marchio precedente, che se tollerato dal titolare di quest’ultimo per cinque anni consecutivi, non potrà portare ad alcuna dichiarazione di nullità del marchio posteriore stesso. E’ evidente che qui la ratio è quella di tutelare l’affidamento del titolare del marchio posteriore in buona fede e di evitare comportamenti strumentali da parte del titolare del marchio anteriore che, potrebbe, volutamente lasciar passare un certo lasso di tempo prima di attivarsi per far dichiarare nullo il marchio posteriore al solo fine di approfittare indebitamente dell’avviamento nel frattempo acquisito dal segno. Mentre la ratio che trae origine dal secondary meaning, come sopra già evidenziato, è quella di equiparare la tutela di un marchio forte sin dal principio a quella di un marchio originariamente debole, ma che per effetto della pubblicità e della sua affermazione sul mercato, è diventato forte.

Proprio questo iter logico-giuridico ha portato la Suprema Corte a cassare la sentenza impugnata rinviando il giudizio alla Corte di Appello di Bari, che dovrà attenersi ai principi espressi nella decisione qui esaminata.

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Natuzzi S.p.A. contro Divini & Divani

BENI – Immateriali – Marchio – Debole o forte – Marchio debole – Tutela contro la contraffazione – Presupposti – Adozione di mere varianti formali – Sufficienza – Fattispecie

In tema di marchi di impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio debole non preclude la tutela nei confronti della contraffazione in presenza dell’adozione di mere varianti formali, in sé inidonee ad escludere la confondibilità con ciò che del marchio imitato costituisce l’aspetto caratterizzante, non potendosi, invero, limitare la tutela del marchio debole ai casi di imitazione integrale o di somiglianza prossima all’identità, cioè di sostanziale sovrapponibilità del marchio utilizzato dal concorrente a quello registrato anteriormente. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto insuscettibile di tutela il marchio costituito dalla combinazione di parole di uso comune “Divani & Divani” benché le stesse avessero assunto efficacia individualizzante del prodotto). (Cassa con rinvio, Bari, 21/04/2008)

Centro Elaborazione Dati Cassazione, 2015

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